In questo momento di confusione sociale ed economica, il consiglio qualificato e competente fa la differenza.
Ecco i giusti suggerimenti per trovare un professionista valido e far rendere al massimo il tuo rapporto di consulenza.
Uno dei compiti più difficili di ogni professionista è di far percepire esattamente ai clienti il valore aggiunto di quello che fa.
In alcune libere professioni, ciò è ancora più difficile che in altre.
Nella mia (a chi fosse sfuggito, sono un consulente finanziario), la cosa che accade più spesso è che se si perde denaro è colpa del consulente e della banca mentre se si guadagna, è merito del “mercato”.
Personalmente non vivo questo fatto come un problema.
Innanzitutto perché in 20 anni di attività non è quasi mai successo che un mio cliente abbia “PERSO” denaro (il che si verifica se si vende nel momento sbagliato).
Ci sono state oscillazioni, questo è certo. Ma la parola perdita non mi è mai piaciuta: il mio scopo quando seguo un cliente è quello di conservare e tutelare il patrimonio che mi viene affidato, oltre naturalmente all’interesse primario di entrambi: farlo crescere.

In secondo luogo, quando arriva il risultato del mio lavoro, non mi capita spesso che il cliente mi dica “è merito del mercato”, ciò accade perché fin dall’inizio condividiamo il METODO e siamo dunque entrambi consapevoli che il risultato non è mai frutto del caso.
Oltre a questo, per tornare all’argomento principale, rispetto a tante altre professioni io ho un grande vantaggio. Vediamo insieme qual è.
L’attività di consulente finanziario ha dovuto sempre attraversare (e attraverserà) alcuni paludosi terreni:
- il pregiudizio verso le banche (che dalla crisi globale del 2008 in poi è aumentato);
- la paura di venire raggirati e/o manipolati (troppo spesso ancora sentiamo racconti di risparmio “tradito”)
- in ultimo, semplicemente il timore di investire, legato a una naturale avversione al rischio
Pertanto, la mia categoria è abituata a confrontarsi con chi non riconosce o meglio non conosce il valore del nostro lavoro.
La logica conseguenza di ciò è che una parte importante della nostra relazione con il cliente è (meglio dire dovrebbe) essere dedicata allo spiegare e ribadire di cosa ci occupiamo e soprattutto, come lo facciamo.
Chi come me lo ha sempre fatto in modo spontaneo e naturale, oggi ha gli “anticorpi” (non mi viene termine più adatto in questo periodo!) per gestire il “virus” della c.d. “digifrenia”, un neologismo che spiega perfettamente uno dei mali del secolo: la confusione tra il conoscere e il sapere.
I professionisti meno dotati di tali “anticorpi” iniziano oggi a toccare con mano questo nuovo problema:
- condividere con il cliente il VALORE di un lavoro il cui risultato non è scontato né visibile non solo all’inizio, ma spesso anche alla fine del mandato professionale.
In un momento come questo mi viene subito in mente il ruolo del MEDICO.
In questi ultimi due mesi quante volte abbiamo sentito parlare di “eroi”?
Moltissimi di questi hanno pubblicamente dichiarato la loro indignazione per questo appellativo nato esclusivamente dall’emotività generale del momento, ricordando ciò che accadeva prima dell’emergenza sanitaria e soprattutto cosa accadrà dopo.
La battaglia non contro un coronavirus, ma verso l’enorme quantità di cause di risarcimento danni intentate dai parenti di pazienti.
Escludendo la piaga della “malasanità” , ciò accade sempre più spesso per via della “moda” di giudicare il lavoro di un professionista che non ha dato i risultati auspicati.
Non a caso, tra i miei doveri di consulente patrimoniale c’è quello di tutelare il mio cliente anche dal rischio professionale, indirizzandolo sulle soluzioni più adeguate in questo senso.
Ma i medici non sono gli unici a subire queste subdole dinamiche.
In passato, la società civile ha individuato i “mestieri e le arti” viste come indispensabili.
L’avvocato, il notaio, il giudice, l’ingegnere, l’architetto, il commercialista.
Queste e altre figure devono la loro autorevolezza al fatto che nei secoli passati hanno sempre rappresentato i più alti punti di riferimento per il cittadino.
Purtroppo nei tempi più recenti, l’avvento di Internet ha dato a quello stesso cittadino l’illusione di avere la cultura necessaria ad affrontare qualsiasi argomento, semplicemente con qualche click.

Ciò ha generato un’enorme metamorfosi nella percezione del valore di un lavoro professionale.
Per fare un rapido esempio in campo legale, pensiamo a come solo trent’anni fa si poteva consultare un codice civile anche a casa, ma era impensabile sostituirsi a un avvocato anche per la sola stesura di una lettera di intimazione.
Oggi non solo molte persone pensano di poterlo fare ma trovano direttamente il testo su internet nel giro di pochi minuti.
Potremmo andare avanti all’infinito con ogni professione dove la parcella non deve remunerare il risultato in quanto tale, ma tutto il lavoro intellettuale che porta a quel risultato.
Per arrivare a quel lavoro significa che prima sono stati fatti una serie di passaggi, sacrifici e rinunce:
- anni di studio
- decine di esami universitari
- prove di abilitazione statale
- master e corsi di specializzazione
- anni di praticantato
- decine di delusioni, porte chiuse in faccia
- formazione continua… ecc. ecc.
E dopo aver superato tutto questo, il professionista affronta le mille insidie e difficoltà del suo ambito. Nel corso degli anni, insuccessi e successi contribuiranno ad aumentare quella qualità impercettibile che si chiama REPUTAZIONE.
E’ grazie a questo biglietto da visita che veniamo scelti dai nostri clienti e perderla rappresenta un rischio enorme.
Questo aiuta a capire perché un professionista chiede centinaia di euro per una semplice firma. Un esempio estremo di questo è il notaio.
Ma quanto rischia un architetto che mette il suo nome su una perizia?
E un legale mandando una lettera?
O un medico firmando una ricetta?
La frammentazione del sapere causata dall’informazione digitale, unita ad una atavica abitudine ad essere tutti allenatori, cuochi ed esperti di qualsiasi cosa, ha portato nel corso del tempo a non considerare affatto questo aspetto.
Qual è il “corto circuito”?
Nessun professionista quando incontra un cliente, gli spiega qual è il valore della sua attività. Quella è sempre stata insita nella targhetta d’ottone avvitata sulla porta dello studio.
Così che oggi diventa davvero molto complesso motivare l’impercettibile.
Circolano sempre più spesso sui social, frasi come questa:
“se pensi che un consulente costi troppo, è perchè non sai quanto ti costerà fare da solo” .
Oppure figure come questa:
Tuttavia, i “like” arrivano da colleghi o comunque persone che hanno un lavoro autonomo e si identificano in questo problema; si tratta di affermazioni molto autoreferenziali e non sempre si incontrano con la realtà.
Qualcuno potrebbe obiettare che un altro proverbio afferma “chi fa da sé, fa per tre!”.
Il punto è che i tradizionali professionisti “di famiglia” non sono mai stati tenuti a motivare le loro parcelle perché in passato il rispetto dei ruoli era enormemente più marcato di oggi: “non so fare una cosa, allora mi rivolgo a chi la sa fare”.
Ma con le lauree in “tuttologia” oggi reperibili con facilità, è diventato molto più complicato poter chiedere il giusto compenso sul lavoro intellettuale.
Tutto ciò aggraverà il tunnel della recessione perché andrà a toccare una fascia di contribuenti molto importante per il nostro paese.
Sia il consulente che il cliente dovranno affrontare una prova durissima, ma tra i due sarà il primo a doversi adattare.
In generale illudersi o peggio, pretendere che siano gli altri a cambiare si traduce quasi sempre in una enorme delusione, in questo caso il compito di ricostruire le proprie abitudini e comportamenti diventa un “dovere professionale”.
Dall’altro lato chi cerca un consulente, mantiene il “diritto” a rimanere quello che è: “pago, dunque pretendo” . Ma in questa fase storica, sarà fondamentale che vengano rispettati entrambi i termini della condizione.
Il mio consiglio è dunque quello di fare entrambi uno sforzo in più.

IL CONSULENTE:
- dovrà lavorare molto su sé stesso e rimettere in discussione il suo ruolo, anche se questa è una cosa che costa fatica e sacrificio (specialmente se si svolge una professione da molti anni);
- dovrà essere sempre disponibile a investire tempo e denaro nella sua attività per tenerla costantemente aggiornata;
- più di tutto, dovrà imparare a spiegare il reale valore del suo lavoro.
IL CLIENTE, da par suo:
- dovrà cercare più attentamente il professionista di cui ha bisogno;
- avrà bisogno di chiedere informazioni sul metodo di lavoro e sui passaggi da affrontare;
- dovrà chiedere un preventivo (non darlo MAI per scontato) e misurarlo sul valore del professionista, non sul risultato che in alcuni casi non è certo;
- dovrà rispettare l’impegno economico sia come importi che come tempi.
E’ difficile immaginare che questi consigli vengano applicati dall’oggi al domani ma un comportamento virtuoso individuale può diventare un beneficio collettivo e nel frattempo è sicuro che colui che riuscirà ad adottarlo, non potrà che trarne dei vantaggi.
Applicando da vent’anni i principi che ho raccontato in questo articolo, ho realizzato un vero e proprio sogno, che li mette insieme tutti:
- ho tanti ottimi amici che sono diventati eccellenti clienti
- ho tanti eccellenti clienti che sono diventati ottimi amici
Contattami per ricevere una consulenza gratuita (anche on line).
Sarò felice di condividere con te tutto questo.